St Swithin’s day

 
Sto leggendo "Un Giorno" di David Nicholls.
E’ la storia di due personaggi, Dex ed Em, a partire dal 15 luglio 1988. Il romanzo procede di 15 luglio in 15 luglio fino al 2007.
Dex ed Em sono personaggi molto diversi tra loro, per certi versi opposti e complementari. Di anno in anno lo stesso giorno si susseguono incontri reali e mancati, successi, fallimenti; per scatti annuali si dipana l’evoluzione dei due ventenni colti nel 1988 in una notte d’amore ad Edimburgo. Mi sono interessato alla storia di St. Within, o St Withun, che è il santo del giorno 15 luglio, e a cui è legato un proverbio inglese:
 
‘St. Swithin’s day if thou dost rain
For forty days it will remain
St. Swithin’s day if thou be fair
For forty days ‘twill rain nae mair.’
 
Praticamente è lo stesso che accade anche nel mio paese. Un anziano mi raccontava che il meteo di un venerdì avrebbe caratterizzato il meteo di 4 o 5 venerdì successivi. In pratica se un tale venerdì in un dato periodo fosse stato piovoso, lo sarebbero stati ciclicamente tutti i successivi 4 o 5 venerdì. Il proverbio di St. Within è ancora più impegnativo, nel senso che non procede per cicli settimanali, ma dice che il tempo sarà più o meno continuativamente lo stesso per i quaranta giorni successivi. Ora si potrebbe aprire una parentesi sui 40 giorni, durata molto ricorrente ed inflazionata sia nell’Antico Testamento che nel Nuovo, ma non lo farò. Potrei anche dire del giorno di santa Caterina, in cui si dice "o neve o brina" (nel mio dialetto "Par Santa Catirenna o ch’a neiva, o ch’a brenna, o ch’a batt la paciarenna")
 
 
o di altri esempi, di cui è costellata la tradizione popolare un po’ dovunque…
 
Ma torno a St. Swithin. Una pagina sufficientemente divulgativa sulla tradizione anglosassone è questa:
 
 
Devo dire che ho trovato particolarmente sapida, anche se francamente antipoetica, la confutazione del proverbio inglese su base scientifico-matematica di questo blog:
 
 
Tutto questo discorso è perfettamente ozioso, ma mi è parso interessante scoprire ancora una volta come un elemento in apparenza insignificante interessi da vicino tante persone d’ingegno, e ciò mi pareva un pretesto simpatico per riprendere confidenza con questa pagina del mio profilo, dopo mesi di silenzio succeduto alle petrose parole dell’"Istruttoria" di Weiss.
 
 

L’Istruttoria di Peter Weiss

 
Questo libro è scritto tramite un montaggio della trascrizione di deposizioni autentiche nel processo di Francoforte.
 
Ne vorrei trascrivere un passaggio. Häftling significa deportato, prigioniero del  Lager.
 

 

 
CANTO 4 (CANTO DELLA POSSIBILITA’ DI SOPRAVVIVERE)
SCENA II
 
 
TESTIMONE 3
Ogni membro del personale del Lager
disponeva di un potere illimitato
Ognuno era libero di uccidere
o di graziare
Vidi il dottor Flage con le lacrime agli occhi
accanto al recinto oltre il quale
una fila di bambini era portata ai crematori
Permise
che prendessi le cartelle cliniche
di alcuni Häftlinge già selezionati
sottraendoli così alla morte
Il medico del Lager Flage mi mostrò
che era possibile
scorgere una singola vita in mezzo a migliaia
mi mostrò
che sarebbe stato possibile
agire sul meccanismo
se ce ne fossero stati di più
della sua specie
 
DIFENSORE
Signor testimone
come medico Häftling
lei influiva sulla vita e sulla morte
dei malati in sue mani
 
TESTIMONE 3
Potevo ogni tanto
salvare una vita
 
DIFENSORE
D’altra parte doveva  anche
selezionare malati per l’esecuzione
 
TESTIMONE 3
Non avevo nessun influsso
sul totale richiesto
Esso era stabilito dall’amministrazione del Lager
Ma avevo la possibilità
di rivedere le liste
 
DIFENSORE
Secondo quali criteri distingueva
quando doveva scegliere
tra due malati
 
TESTIMONE 3
Dovevamo chiederci chi
secondo la prognosi
avesse maggiori possibilità
di superare la malattia
Poi la domanda molto più difficile
Chi poteva essere più utile più prezioso
per gli affari interni degli Häftlinge
 
DIFENSORE
C’erano dei privilegiati
 
TESTIMONE 3
Naturalmente quelli che svolgevano attività politica
si sostenevano tra loro
si appoggiavano e aiutavano reciprocamente
quanto più potevano
Io appartenevo alla Resistenza
del Lager
era ovvio
che m’impegnassi a fondo
per salvare anzitutto i miei compagni
 
(…)
 
DIFENSORE
Signor testimone
come poté alimentare la volontà di resistere
una volta veduto
che non poteva contare
su nessuna specie di aiuto militare
 
TESTIMONE 3
Considerata la situazione
era una forma di resistenza
essere vigili
credere sempre
che una volta
avremmo potuto raccontare
le nostre esperienze
 
DIFENSORE
Signor testimone
come si conteneva di fronte al giuramento
che aveva prestato come medico
 
PROCURATORE
Protestiamo contro questa domanda
con cui la difesa cerca
di equiparare il teste agli imputati
Gli imputati uccidevano di spontanea volontà
Il teste doveva per forza maggiore assistere all’esecuzione
 
TESTIMONE 3
Vorrei rispondere così
Quegli Häftlinge
che grazie alla loro posizione
erano riusciti a procrastinare la propria morte
avevano già fatto un passo incontro
ai signori del  Lager
Per conservare la possibilità di sopravvivere
erano costretti
a creare un’apparenza di collaborazione
Lo vidi chiaro nella mia infermeria
Presto fui legato coi medici del  Lager
non solo per l’esercizio della professione comune
ma anche per la mia partecipazione
alle macchinazioni del sistema
Anche noi Häftlinge
da quello importante
al moribondo
appartenevamo al sistema
La differenza tra noi
e il personale del Lager
era minore della differenza
tra noi e quelli di fuori
 
(…)
Se oggi parliamo
con persone che non furono nel Lager
delle nostre esperienze
c’è sempre qualcosa
che rimane per loro incomprensibile
E tuttavia sono uomini
come quelli erano Häftling e guardia
Se eravamo in tanti
nel Lager
e se furono tanti
a portarci dentro
il fatto si dovrebbe capire
ancora oggi
Molti di quelli destinati
a figurare come Häftlinge
erano cresciuti sotto gli stessi principi
di quelli
che assunsero la parte di guardie
Si erano dedicati alla stessa nazione
impegnandosi in uno sforzo per un guadagno comuni
e se non fossero finiti Häftlinge
sarebbero potuti riuscire guardie
smettiamo di affermare con superiorità
che il mondo del Lager ci è incomprensibile
Conoscevamo tutti la società
da cui uscì il regime
capace di fabbricare quei Lager
L’ordine che vi regnava
ne conoscevamo il nocciolo
per questo riuscimmo a seguirlo
nei suoi ultimi sviluppi
quando lo sfruttatore poté
esercitare il suo potere
fino ad un grado inaudito
e lo sfruttato
dovette arrivare a fornire
la cenere delle sue ossa
 
DIFENSORE
Respingiamo energicamente
questo genere di teorie
che tracciano
un quadro ideologico falso
 
TESTIMONE 3
Chi arrivava alla banchina di solito
non aveva più tempo
di spiegarsi la propria situazione
Percorreva l’ultimo cammino
muto sconvolto
e si faceva uccidere
perché non capiva nulla
Noi li chiamavamo eroi
ma la loro morte fu vana
Li vediamo davanti a noi
questi milioni
nella luce dei riflettori
tra ingiurie e latrati
e il mondo oggi chiede
come fu possibile
che si facessero annientare a quel modo
Noi
che continuiamo a vivere con quelle immagini
sappiamo
che milioni di persone possono aspettare di nuovo così
di fronte alla loro distruzione
e che questa distruzione è infinitamente superiore
per efficacia
a quelle vecchie apparecchiature
 
 
(…)
 
TESTIMONE 7
Eravamo 1200 Häftlinge
avviati ai crematori
Dovevamo aspettare a lungo
perché avanti avevamo un altro trasporto
Io stavo un po’ in disparte
Passò uno Häftling
un ragazzo
Mi mormorò
Va’ via di qui
Presi i miei zoccoli e mi mossi
Girai un angolo
Ce n’era un altro
che chiese
Dove vai
Dissi
Mi hanno mandato via
Allora vieni disse
Così ritornai nel Lager
 
DIFENSORE
Era così semplice
Bastava andarsene
 
TESTIMONE 7
Non so come fu per altri
Io me ne andai
e arrivai in infermeria
Il medico Häftling mi chiese
Vuoi vivere
Dissi di sì
Mi guardò un poco
poi mi prese con sé
 
DIFENSORE
E così superò il periodo
del Lager
 
TESTIMONE 7
Uscii dal Lager
Ma il Lager esiste sempre
 
                                                                      (Peter Weiss, "L’Istruttoria", pagg 101-109)
 
 
 
 

pogrom contro i “negri”

 
In Calabria è in corso un pogrom contro i "negri".
Tutto lascia presagire che dietro ci sia lo zampino (con ventose e tentacoli) della ‘ndrangheta che lì regna indisturbata.
Nel frattempo lo stato sventola bandiera bianca, a proposito di colori, e firma l’ennesimo atto di resa.
Troppo spesso ultimamente si assiste al peggio possibile, e troppo spesso bisogna allargare le braccia come di fronte all’ineluttabile.
Pensare che la caccia al negro avvenga in una regione culla della civiltà, nella Magna Grecia fecondata dal Cristianesimo, fa solo aumentare la sensazione di rabbia impotente.
E’ il sistema Paese che è morto, e i ministri dell’Interno, dell’Agricoltura, le autorità prefettizie che in quelle zone fanno le veci di una rudimentale forma di amministrazione locale (i Comuni sono sotto perenne commissariamento per "infiltrazioni" mafiose), in generale tutti quelli che per tutto il tempo hanno fatto finta che non esistesse una situazione esplosiva ora devono ammettere che un problema esiste.
Che l’agricoltura del Sud fosse basata sulla servitù della gleba lo si sapeva, e lo sapevano le autorità. 
Si sapeva che questa massa di cittadini Africani (molti dei quali con permesso di soggiorno) giravano le regioni Italiane del Sud: d’inverno per gli agrumi, in primavera per le olive, d’estate per i pomodori, e avevano quindi una relativa libertà di spostamento. Una volta giunti sui luoghi di "lavoro" venivano smistati in baracche fatiscenti e nel caso calabrese piene d’amianto, e tenuti in uno status di simil schiavitù, per meglio sottoporli a sitazioni di sottoumanità (Untermenschen). Più di ventimila pezzi (i Nazisti gli Ebrei li chiamavano Stücke) scappati da situazioni insostenibili erano approdati in un nuovo "inferno" (dichiarazione testuale di una delle poche voci degli interessati riportate dai giornali): tenuti a 25 euro al giorno per 10 o 12 ore di lavoro nei campi, alloggi senza servizi igienici e senza spazio; caporali che esigevano 5 euro sulla "diaria" e camionisti (trasportatori di bestiame) che esigevano 2 o 3 euro come biglietto di trasporto. Un altro obolo per la doccia, ecc.
Questo materiale umano composto interamente da giovani maschi adulti senza donne né famiglie né affetti, socialmente disadattato in ogni possibile sfera dell’esistenza, potenzialmente esplosivo, che svolge un lavoro che gli italiani non fanno più, è precisamente il mucchio nero contro cui sparare.
Ebbene, non mi riconosco in questo Paese razzista di "terroni" che sparano ai "negri" armati anche dai mafiosi.
Il Nazismo è sorto in un Paese europeo, queste cose succedono ancora in un Paese europeo.
La Comunità Economica solitamente così attenta alle problematiche legate all’agricoltura sarà sicuramente anch’essa in imbarazzo nel dover prendere atto di ciò che si consuma nelle campagne di un Paese membro. La ‘ndrangheta poi è a detta di tutti gli specialisti l’organizzazione criminale più potente e in salute che ci sia oggi, e questa è solo una delle sue prove di forza.
Certo, finché troverà affari in cui infiltrarsi è impossibile che quella parte d’Italia diventi nuovamente una civiltà serena, aperta e accogliente. Anche all’Estero è forte, è forte dovunque ci sia alta finanza, o dove ci siano affari commerciali da cui trarre linfa. E’ chiaro però che ad esempio in Germania, dove il tessuto sociale e il sistema Paese hanno le spalle più larghe che nelle campagne del Sud Italia il fenomeno appare meno drammaticamente, a parte qualche sporadico fatto di cronaca (strage di Duisburg).
 
 
 
 
Cambio parzialmente discorso.
Schulim Vogelmann (chi conosce la casa editrice "La Giuntina" ne avrà sentito parlare) in un articolo sempre su Repubblica del 30 dicembre, articolo che ha allietato il mio viaggio per Praga, narrava di un atto vergognoso accaduto in un treno italiano. Un uomo senza braccia cercava di spiegare alla "controllora" che non aveva fatto in tempo a fare il biglietto. Almeno lui si poneva il problema e desiderava farlo in treno il biglietto. Lo scrittore indugiava giustamente sullo scabroso dettaglio dello sforzo fatto per estrarre il denaro contato dal taschino con la bocca. Questo avveniva mentre molti altri compagni di viaggio sullo stesso treno a prenotazione obbligatoria viaggiavano tranquillamente in piedi senza sentire il minimo bisogno di regolarizzare la loro posizione, come la stessa controllora non sentiva il bisogno di dare corso prioritariamente ai loro casi.
Al contrario questa ragazza decise quel giorno di esercitare tutta la sua inflessibilità e il suo zelo proprio sull’invalido senza braccia e senza difese, tra il silenzio un po’ vile e un po’ incredulo del resto del treno. L’unico a protestare, anche troppo civilmente fu Vogelmann, e la controllora chiese alla polizia ferroviaria di prendere i suoi dati.
Quel che era agghiacciante nella cronaca era la durezza, l’aggressività della controllora, che nel dubbio sceglieva di andare fino in fondo, interessando il Capotreno e la polizia ferroviaria.
Nei giorni successivi le Ferrovie hanno spiegato in lungo e in largo quanto il comportamento della controllora, ratificato e sostenuto dal Capotreno, fosse formalmente ineccepibile. Eppure io di procedure formalmente ineccepibili così non sentirei certo il bisogno. La verità è che lo zelo si esercita in modo vile e selettivo solo dove si vuole, ed a esercitarlo sono spesso funzionari vigliacchi frustrati e mediocri che suggono dal sistema perverso linfa ed energia come una mosca sugge nutrimento dagli escrementi.
 
Ne avrei altre da dire, ma mi fermo qui.
 
 
 

Addio Alda

 
"Il sogno spesso si alza e cammina sopra la mia testa come un elfo, un piccolissimo elfo che mi disturba ma che mi fa anche divertire. Quanti sogni ho fatto! Qualche volta ci ho visto dentro un lumino magico, qualche altra volta erano sogni pesanti come pietre che ti venivano poste al centro del cuore. Ma io questi sogni li ho accettati tutti: le figure mi piacciono, vengano o non vengano dall’inconscio. Se venivano dall’inconscio, ne cercavo l’origine. Erano comunque sogni stupendi, pieni di colore, sogni che ti dicevano: "dai alzati! La vita è bella; è come ce la insegna la natura, è sempre al di fuori della tua angoscia". E allora mi levavo a sedere sul letto e i sogni scomparivano, e entrava l’aria pura del mattino e il mio corpo era una statua bellissima, la statua di un guerriero pronto a combattere e e battersi per la propria giornata".
 
(…)
 
"In nome della povertà si consumano molti delitti. Il povero è invadente e fa cose inverosimili. Il povero si insinua sotto le lenzuola altrui. Un giorno un medico mi ha detto: – Ma perché lei ha fatto quattro figli? – Gli ho risposto: – Perché mi venivano bene e perché avevo tempo da perdere.
-Beata lei, ma poi li ha affidati all’assistenza pubblica.
Allora gli ho detto che aveva ragione e che li avevo fatti per defraudare lo stato. Il medico ci ha creduto e mi ha incenerito con lo sguardo. Avrei voluto dirgli che lo stato mi aveva plagiato e non mi aveva curato e che avevo dovuto praticamente regalarmi a persone indecenti che avevano speculato persino sulle mie forze creatrici: non dissi niente. Quando portavo i miei figli al brefotrofio perché dovevo consegnarmi ai manicomi pubblici non piangevo nemmeno: dovevo farlo perché ero povera. Così li consegnavo".
 
Alda Merini, Delirio Amoroso, il melangolo
 
 
Si è spenta una delle anime poetiche più pure del nostro tempo. Oggi è il giorno dei Morti, e un saluto va anche a lei.
 

” Moro Lasso ” ( Gesualdo ) e Halloween: la bellezza dell’oscurità

 

 La riscoperta di questo madrigale "oscuro", pieno di dissonanze, in sé estremamente "moderno" nella composizione e nella resa è a dir poco folgorante.

Ha la stessa bellezza delle rime petrose di Dante, la stessa sapienza formale del poetare di Tasso.

Probabilmente Halloween (nella sua versione degradata di oggi) è un modo commerciale per scoprire ciò che è presente anche qui come in tanta parte della produzione musicale e letteraria di ogni tempo, e che precede Halloween (nella sua forma storica e "nobile") e la produzione dell’uomo: la bellezza dell’oscurità.

 

 

 

Citazione

YouTube – The Deller Consort " Moro Lasso " ( Gesualdo )
  

 

 

Qui in una versione per poche voci ma intense, in cui è più facile cogliere la polifonia nelle sue trame in filigrana.

Il testo non è granché:

"Moro, lasso, al mio duolo,
E chi può dar mi vita,
Ahi, che m’ancide e non vuol darmi aita!
O dolorosa sorte,
Chi dar vita mi può,
Ahi, mi dà morte!"

… ma ciò che importa qui è la musica!

 

 


– Gustav Mahler – “Ich bin der Welt abhanden gekommen” (Rückert) – Fischer…


Discussione su YouTube – Bernstein Conducts Mendelssohn Symphony No. 4, “Italian” (2/4)


Bernstein e Mahler

 
Bernstein prova Mahler con i Wiener Philharmoniker.
 
 
E’ un direttore affine all’autore che dirige, sa esattamente cosa richiede lo spartito, ha un’idea molto precisa, benché difficilissima da raggiungere, del suono e dell’impasto sonoro, e trova una compagine in grado di dargli quello che desidera. A tratti esclama estasiato "ecco il suono di Mahler", che per un direttore dev’essere qualcosa di incredibilmente gratificante ed emozionante.
E’ allo stesso tempo un Ebreo alle prese con un autore Ebreo a sua volta (convertitosi al cristianesimo solo per poter a rigor di legge dirigere i Wiener Philharmoniker a inizio Novecento) bandito per un periodo perché considerato da Hitler autore di musica degenerata; si trova a lavorare con un’orchestra che è al contempo la discendente dell’orchestra che Mahler aveva in mente quando scriveva, e una delle orchestre più conservatrici della storia, nata e sviluppatasi in una città che resta uno dei più biechi luoghi del nazismo.
Ce n’è abbastanza per farsi venire la pelle d’oca al solo pensiero. Ma la musica distilla tutto, e stempera ogni cosa in pura Bellezza.
Probabilmente senza il dolore il Mahler di Bernstein coi Wiener Philharmoniker non sarebbe quello che è, cioè di gran lunga quello più convincente, doloroso, brillante. Ho già parlato in precedenza di questo connubio, ho già parlato dl fatto che Bernstein tra il serio e il faceto si riferiva ai WP come "my favourite nazi orchestra".
 
 
Aggiungo un elemento in più, che peraltro non è affatto originale, ma che è del tutto pertinente: vi è tutta la capacità artigiana, la conoscenza della materia (in quest caso del suono come materia), il gusto decadente (in senso più positivo possibile, ammesso ve ne sia uno) che brilla nei colori e nelle forme di Gustav Klimt, o nelle parole di Arthur Schnitzler.
 
La Quinta
 
 
 
 
 
 
—-
 
 
 
 
L’ultima sinfonia completata da Mahler si spegne con dolorosa accettazione della propria fine:
 
 
 
 
Bernstein a proposito dei Wiener:
 
 
 
Bellissime anche: l’esecuzione dell’Adagietto della Quinta Sinfonia, spempre di Mahler 
 
 
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Nove modi di dire addio: sempre Bernstein con i Wiener
 
 
 
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Qui:
 
 
da grande divulgatore quale fu, spiega al pianoforte la Sinfonia 40 di Mozart così come la andrà ad eseguire con la Boston Symphony.
 
 
 
 

Giulio il precario

 
Siamo tutti un po’ precari, forse una volta non era così. Andreotti per esempio è stato Presidente del Consiglio per moltissimi anni. Certo, a ben guardare anche lui lo assumevano a progetto. Il suo contratto era determinato dal tempo di caduta di un governo, o da un rimpasto di prammatica (che serviva a creare nuovi posti di lavoro). Però è anche vero che aveva moltissime probabilità di essere riassunto in seguito, perché era il primo in graduatoria. Il signor B d’altronde sembra seguirne le orme, dev’essere per via del fatto che le buone abitudini dopo un po’ possono trasformarsi in gloriose tradizioni.
 
 

Auschwitz then and now

 
 
Nel sito ufficiale c’è la possibilità di intraprendere un tour virtuale.
 
 
 
 
Ciò che ho trovato molto interessante è questo escamotage interattivo di "then and now", basato su testimonianze di artisti sopravvissuti, i quali arricchiscono di significato ciò che si può vedere oggi
 
 
 
 
L’attività del fotografo Alan Jacobs è molto utile anche nel suo sito, dove si trova una galleria ricca d’informazioni.